Albertino Remolino, Giusto inconsapevolmente.

SCHEDA BIOGRAFICA

Nome e cognome: Alberto (“Albertino”) Remolino

Data e luogo di nascita: 8 giugno 1917 a Campagna.

Professione: sarto, militare del 26° Reggimento della Fanteria.

Luogo di salvataggio: Fiume (oggi in Croazia) e Campagna (SA)

Persone salvate: alcune famiglie degli Ebrei di Dalmazia, residenti a Fiume

Modalità di salvataggio: consegna dei documenti inviati da Giovanni Palatucci

Onorificenze: Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferita il 27/12/2002 su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri

“Certo non ero a conoscenza del rischio che correvo ma se l’avessi saputo credo che l’avrei fatto ugualmente”.

Fonte dell’immagine http://web.tiscalinet.it/comitatopalatucci/testimone.html

Albertino Remolino, Giusto inconsapevolmente.

Ci sono posti in cui il dovere della memoria, la testimonianza del proprio passato, è diventato il segno che distingue un’intera comunità. Campagna, nel salernitano, undicimila anime, al tempo della Seconda Guerra Mondiale, è uno di questi. Qui la logica dell’intolleranza si è capovolta e tra la popolazione locale e i prigionieri, fin dai primi giorni, si crea un rapporto di continua collaborazione e aiuto reciproco.

Nel frattempo, a Fiume, il questore Giovanni Palatucci con l’aiuto dello zio Giuseppe Maria Palatucci, vescovo di Campagna, e una sorta di esercito di giovani formata da varie persone, riesce a salvare ben 5000 ebrei.

Uno dei collaboratori di Palatucci è Albertino Remolino che sta prestando servizio militare a Fiume presso il 26° Reggimento della Fanteria dove resterà fino al giugno 1945. Egli stesso in una lettera afferma: “Fu il Vescovo in persona ad avvisarmi della presenza di suo nipote a Fiume; egli mi consegnò anche una lettera di presentazione da dare – in caso di bisogno – appunto a suo nipote Giovanni “. Una volta arrivato a Fiume, il giovane sarto si reca subito in questura dal dott. Palatucci per consegnargli la lettera.

Riguardo alle lettere da lui consegnate a Palatucci dichiara: “Ignoravo completamente il contenuto della missiva, né mi permisi di chiedere qualcosa al funzionario. Un fatto strano però succedeva ogni qualvolta andavo in licenza a Campagna: immancabilmente infatti, il dott. Palatucci mi consegnava un plico, contenente numerosissime lettere, da consegnare allo zio Vescovo; altrettanto poi mi chiedeva il Monsignore al mio ritorno a Fiume”.

Il giovane militare diviene dunque un “inconsapevole postino”, collegando in tal modo – e aggirando i limiti imposti dalla censura – gli ebrei internati a Campagna con i loro familiari residenti in Dalmazia.

Albertino è inoltre protagonista del racconto delle vicende di due collaboratori di Giovanni Palatucci; ne ha parlato il 3 marzo del 1999 (a circa 82 anni). Secondo la sua testimonianza, Antonio Sciaraffia e Alberto Conte (verso la fine del settembre del 1944) riescono, eludendo le SS, a scappare da Fiume indossando vestiti civili da lui stesso consegnati. “Passati alcuni giorni, non vedendoli più, mi recai personalmente nell’ufficio del dott. Giovanni Palatucci. Chiesi a lui notizie dei suoi collaboratori Sciaraffia e Conte e il vicequestore mi disse di non sapere niente dei due. Ma allora pensai a un’e eventuale loro fuga e mi recai da Giovanni, il quale -dopo averlo informato della cosa- mi disse testualmente, con gli occhi lucidi e la voce tenue, stringendomi la mano: ‘Remolino, noi rimarremo a Fiume!’- e anche sul mio volto apparvero lacrime”.  Tale testimonianza sembrerebbe però poco attendibile in quanto alcuni studiosi fanno notare che Palatucci è stato arrestato il 13 settembre e quindi non è possibile che i due abbiano avuto questo colloquio. In secondo luogo, poi,  Sciaraffia, alcuni giorni dopo l’arresto di Palatucci, firma un verbale di verifica degli atti e degli oggetti rinvenuti nell’ufficio del questore e  non avrebbe potuto farlo se fosse fuggito da fiume. Infine, risulta anche improbabile la presenza di Remolino  nel momento in cui Palatucci viene arrestato, come emergerebbe da una lettera scritta il 29 giugno del 1945 da Monsignor Giuseppe Maria Palatucci al nipote Federico.

Al di la delle testimonianze poco credibili (forse dovute anche al fatto che la narrazione degli avvenimenti è fatta all’età di 82 anni ovvero ben 55 anni dopo i fatti), la figura di Albertino Remolino va tenuta comunque in grande considerazione: pur non avendo salvato nessuna persona, il suo ruolo non è assolutamente minoritario, soprattutto tenendo conto degli enormi rischi cui è andato incontro. Come ha detto egli stesso: “Certo non ero a conoscenza del rischio che correvo, ma se l’avessi saputo credo che l’avrei fatto ugualmente”

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ESSENZIALE DI RIFERIMENTO

M. BIANCO – A. DE SIMONEPALATUCCI, Giovanni Palatucci. Un olocausto nella Shoah, Dragonetti, Montella 2003.

IDD., Un Giusto e un Martire cristiano, La scuola di Pitagora, Napoli 2013.

N. PIROZZI, La Shoah italiana. Cilento-Auschwitz sola andata, reperibile all’indirizzo: http://www.nicopirozzi.it/admin/files/14969399503_Nico.pdf

ID., “Quegli ebrei da salvare, dal Sele all’Ungheria”, Il Mattino, 14/10/2013, reperibile all’indirizzo: http://www.nicopirozzi.it/admin/files/144168682613_Nico.Pirozzi.MATTINO%2014102013.pdf

POLIZIA DI STATO, Giovanni Palatucci, il poliziotto che salvò migliaia di ebrei, Roma, Laurus Robuffo 2002.

Video sugli ebrei a Campagna 1940-1943: https://www.youtube.com/watch?v=pCbLgv683v8&feature=youtu.be