SCHEDA BIOGRAFICA
Nome e cognome: Antonio Bertone
Data e luogo di nascita:1905, Saluzzo
Data di morte:2000
Professione: Ufficiale militare.
Paese in cui ha operato salvando vite umane:Ex Jugoslavia
Modalità di salvataggio: aiuto nei confronti di una famiglia ebrea
Persone salvate: Salvatore Conforty, sua moglie Olga e poi anche la neonata Renata
Onorificenze:Giusto tra le Nazioni (2005)
Fonte dell’immagine: https://digilander.libero.it/fiammecremisi/carneade/abertone1.jpg
ANTONIO BERTONE E LA FAMIGLIA CONFORTY.
Antonio Bertone nasce a Saluzzo nel 1905. Durante il periodo universitario, mentre studia per laurearsi in Legge, si dedica a molti sport tra cui atletica leggera, pentathlon, calcio, equitazione e tiro a segno. Nei campionati militari italiani del 1928/1929 vince la 400 metri e ottiene il titolo di campione provinciale bresciano e lombardo nella stessa stagione. Durante la guerra diventa ufficiale con incarichi di Stato Maggiore.
Nel 1941 Bertone si trova in Croazia con la prima divisione Celere del Generale Ferrari Orsi con comandi a Karlovac e Ogulin.
Il 25 marzo 1941, il Regno di Jugoslavia, attraverso il principe reggente Pavle (Paolo) Karađorđević, firma l’adesione al Patto Tripartito. Quando arriva a Belgrado la notizia che il reggente ha firmato un’alleanza con Hitler e Mussolini, scoppia una rivolta e i militari serbi revocano l’adesione al Patto. Pochi giorni dopo, i vertici militari serbi, guidati dal cugino di Paolo, Pietro II, mettono fine alla reggenza del principe Karađorđević con un colpo di stato. Hitler prende come un affronto personale la rivolta contro il principe reggente Paolo e dà l’avvio all’operazione “Castigo”, consistente nell’invasione nazista dei Balcani. La conquista del regno di Jugoslavia comincia con un bombardamento a tappeto sulla città di Belgrado la mattina del 6 aprile 1941. In breve tempo, l’esercito nazista conquista la Jugoslavia. Il Regno è del tutto smembrato: gli italiani prendono parte della Slovenia (provincia di Lubiana), della costa dalmata della Croazia e il Kosovo del Sud, i tedeschi occupano due terzi della Slovenia e larga parte della Serbia, compreso il Nord del Kossovo, l’Ungheria incorpora parte delle Vojvodina e della Slavonia, la Bulgaria si impadronisce della Macedonia. Ciò che resta diventa Stato Indipendente di Croazia (in croato Nezavisna Država Hrvatska). Proclamato il 10 aprile 1941, questa nuova entità politica comprende la Croazia, senza l’Istria e la Dalmazia, tutta la Bosnia-Erzegovina e una parte della Vojvodina (Sirmie). Il controllo del nuovo Stato croato è subappaltato in favore della “Organizzazione Rivoluzionaria Croata Ùstascia”, guidata da Ante Pavelić, ex deputato al Parlamento nazionale di Belgrado nel 1927, che assume il titolo di Poglavnik (condottiero, duce).
La Croazia di Pavelić si spande su oltre il 40% del territorio dell’ex Regno di Jugoslavia ed è abitata, oltre dai croati, anche da serbi, musulmani, zingari, ebrei e tedeschi, tutti considerati alieni al nuovo Stato. Il nuovo regime concede alla comunità tedesca lo status privilegiato di minoranza ma nei confronti delle altre etnie inizia la “macelleria” ùstascia: il 19 aprile del 1941 sono promulgate le prime leggi razziali e il 30 aprile è emanato un decreto mirante a difendere “la razza ariana e l’onore del popolo croato”. Ebrei e serbi non sono cittadini ma solo gli ariani godono dei diritti politici. Oltre al massacro della popolazione compiuto spesso porta a porta, per molti serbi, come anche per ebrei e rom, si aprono le porte dei campi di concentramento; questi ultimi sono numerosissimi (ben settantuno) e disseminati per tutta la Croazia, la Bosnia e l’Erzegovina.
In questo contesto si colloca la vicenda di Salvatore Conforty e della moglie Olga che vivono a Zagabria e si rifugiano, il 17 luglio del 1941, nella zona d’occupazione italiana, a Ogulin, nell’abitazione di Elsa Hamburger in Goldner, sorella di Olga. Nella casa vive anche l’ufficiale Antonio Bertone, che ha affittato una stanza, e consiglialorodi abbandonare la città per raggiungere l’Italia. È proprio lui ad organizzare il trasferimento. Il 5 agosto, Bertone incontra la famiglia Conforty, nelle primissime ore del mattino, alla stazione di Ogulin; li sistema in uno scompartimento di seconda classe, fa abbassare le tendine e mette due soldati di sua fiducia nel corridoio, per evitare controlli dei due passeggeri clandestini. Bertone si sistema invece insieme ad altri ufficiali in prima classe. Arrivati a Fiume, il colonnello Bertone si attiva per procurare ai Conforty documenti italiani e li accompagna da Giovanni Palatucci, questore di Fiume. I coniugi Conforty passano la notte nella soffitta della questura e il mattino dopo, ottenuto il permesso di soggiorno, affittano un appartamento in città.Durante il periodo in cui deve nascondersi, la famiglia Conforty si allarga con la nascita di Renata, il 15 agosto del 1942.
Dopo la guerra, Bertone è accusato di collaborazionismo e Salvatore Conforty testimonia a sua discolpa, ricordando gli enormi rischi presi dall’ufficiale per salvare la sua famiglia e quella di altri ebrei. Smessa la divisa, Antonio Bertone è tornato a esercitare la professione di avvocato a Cuneo e a dedicarsi con passione allo sport. Muore nel 2000 senza che sia stata resa nota al mondo la sua pronta generosità.
Nel 2005, lo Yad Vashem di Gerusalemme l’ha riconosciuto “Giusto tra le Nazioni”.
Il 31 maggio 2006, nella sinagoga di Contrada Mondovì a Cuneo, Renata Conforty ha sottolineato il comportamento generoso di Bertone grazie al quale la propria famiglia si è salvata. “A conclusione del mio racconto – ha detto Renata Conforty – voglio dire che onorare una persona che operò anche a rischio della sua stessa sicurezza, per amore e rispetto del suo simile, in tempi oscuri, in cui questi valori erano totalmente soffocati, non deve essere soltanto una celebrazione, ma uno stimolo ed un insegnamento per le generazioni presenti e future, perché si sappiano sempre opporre a qualsiasi forma di oppressione e di sopraffazione. Sia il suo ricordo in benedizione per tutti”.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ESSENZIALE DI RIFERIMENTO
M. BIANCO – A. DE SIMONE PALATUCCI, Giovanni Palatucci. Un olocausto nella Shoah, Edizioni Dragonetti, Montella 2003.
P. MORAČA, “I crimini commessi da occupanti e collaborazionisti in Jugoslavia durante la seconda guerra mondiale“, in E. COLLOTTI (a cura di), L’occupazione nazista in Europa, Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia, Editori Riuniti, Roma 1964.
U. G. PACIFICI NOJA – S. PACIFICI NOJA, Il cacciatore di giusti. Storie di non ebrei che salvarono i figli d’Israele dalla Shoah, Effatà editrice, Cantalupa (TO), 2010.
M. SHELAH, Un debito di gratitudine. Storia dei rapporti tra l’Esercito italiano e gli ebrei in Dalmazia (1941-1943), Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito. Rodorigo editore, Roma 2009.
Database e storie dei Giusti dello Yad Vashem: dbyadvashem.org
https://digilander.libero.it/fiammecremisi/carneade/bertone.htm