Suor Ferdinanda Corsetti, la religiosa che salvò gli ebrei.

SCHEDA BIOGRAFICA

Nome e cognome: Suor Ferdinanda (al secolo Maria Corsetti)

Luogo di Nascita: Ceprano

Professione: Suora

Modalità di salvataggio: nascondere ebrei nel convento, fornire loro cibo e beni di prima necessità

Luogo del salvataggio: Convento San Giuseppe di Chambéry in via del Casaletto a Roma

Collaboratrice nel salvataggio: Suor Emerenziana (Anna Bolledi)

Persone salvate: Emma Torre Pugliese e le figlie Giuliana e Paola, più di trenta bambini ebrei, tra cui Roberto Calderoli, Lia Levi, Marta Ravenna

Onorificenza: Giusto tra le Nazioni

Suor Ferdinanda Corsetti, la religiosa che salvò gli ebrei.

Suor Ferdinanda (Maria Corsetti) ha ricevuto insieme a Suor Emerenziana (Anna Bolledi) il titolo di “Giusto fra le nazioni” il 17 marzo 1998 per il ruolo assistenziale in favore degli ebrei svolto dall’Istituto delle Suore di San Giuseppe di Chambéry, nel corso dell’occupazione tedesca di Roma durante il secondo conflitto mondiale.

Maria Corsetti è originaria di Ceprano (Frosinone) ed entra assai giovane nella Congregazione delle Suore di San Giuseppe di Chambery della Comunità del Casaletto in Roma, ove si occupa della formazione, prima come docente poi come preside dell’Istituto. Nel 1943, insieme alla novizia Anna Bolledi (Suor Emerenziana), si prodiga nel nascondere giovani e adulti ebrei nel Convento: le bambine sono fatte passare per studentesse con cognomi del Sud Italia (che quindi non possono tornare al loro paese d’origine, liberato dagli Alleati), le donne sono travestite da suore mentre gli uomini e i ragazzi sono nascosti in un edificio nel cortile del complesso.

Il pericolo insito in tale attività è ulteriormente accresciuto dal fatto che il Convento si trova a poca distanza dal comando delle SS, che frequentemente compiono ispezioni e fanno ricorso all’Istituto per utilizzarne la cucina. A seconda del numero dei rifugiati, i saloni e le stanze del convento si trasformano in camere e luoghi di soggiorno per gli ebrei, cui non viene imposto il credo cattolico ma viene anzi permesso di celebrare le proprie funzioni religiose.

Tra le rifugiate, menzioniamo Lia Levi (allora tredicenne), che ha ricordato nel suo romanzo autobiografico Una bambina e basta(vincitore nel 1994 del Premio Elsa Morante – Opera Prima), la fuga da Torino per nascondersi nel convento insieme alla famiglia, il momentaneo desiderio impulsivo di abbracciare la fede cattolica, i suoi vacillamenti di fronte a un’identità che le persecuzioni razziali le hanno negato: “Che colpa posso avere io se ebrea ci sono nata? Buttavo lì debolmente di fronte a qualche suora che si disperava per noi… Andare al limbo? Solo perché uno è nato in un modo invece che un altro, senza poterci fare niente… Mi smarrivo nei miei ragionamenti”. (Lia Levi, Una bambina e basta) Sarà la madre, che si era contrapposta al suo impulso di conversione, a spiegarle dopo la guerra che la giovane non era etichettabile in base a un’appartenenza religiosa ma in fondo era “una bambina e basta”.

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ESSENZIALE DI RIFERIMENTO

L. LEVI, Una bambina e basta, Roma, Edizioni E/O 1994.

L. PICCIOTTO, Salvarsi. Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah, Torino, Giulio Einaudi Editore 2017.

Database e Storie dei Giusti dello Yad Vashem: db.yadvashem.org

http://www.storiaxxisecolo.it/deportazione/deportazionegiustiv.htm

Intervista a Suor Emerenziana su Rai News: www.rainews.it/dl/rainews/media/Suor-Emerenziana-ebrei-giornata-memoria-1211b2fe-bcd7-4386-832a-f23ad23c389a.html